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La tregua commerciale con gli Stati Uniti non basta a fermare la contrazione: Pechino resta dipendente dalla domanda estera.
Lo shutdown è (quasi) finito e i mercati ritrovano slancio
Dopo 43 giorni di paralisi amministrativa, gli Stati Uniti si avviano verso la conclusione del più lungo shutdown della loro storia.
Il compromesso bipartisan raggiunto al Congresso americano dovrebbe essere firmato da Donald Trump nei prossimi giorni. In questo modo più di un milione di dipendenti federali torneranno al lavoro, ponendo fine a settimane di incertezza che avevano rallentato la pubblicazione dei dati economici e appesantito il sentiment degli investitori.
Wall Street ha accolto la notizia con entusiasmo: il Nasdaq 100 è salito del 2,2%, recuperando parte delle perdite accumulate nella scorsa settimana. L’eliminazione del rischio politico riporta quindi fiducia nei mercati e spinge in particolare i titoli tecnologici, tra cui Nvidia (+5,79%), Micron (+6,46%) e Palantir (+8,81%). Anche l’Europa ha beneficiato dell’ottimismo americano, con l’Euro Stoxx 50 in rialzo dell’1,8%.
Export cinese in frenata, fiducia in bilico
Mentre l’attenzione si sposta oltreoceano per il ritrovato entusiasmo degli investitori, il rallentamento delle esportazioni cinesi torna a preoccupare gli osservatori globali.

Dopo mesi di apparente stabilità, la Cina registra una brusca contrazione delle esportazioni, con un calo del 25% verso gli Stati Uniti nel mese di ottobre. Il rallentamento, spiegano gli analisti, è legato sia alla debolezza della domanda americana sia a un possibile effetto anticipato: molte aziende avrebbero accelerato le spedizioni prima dell’introduzione di nuovi dazi. Il risultato, però, è un segnale inequivocabile della fragilità dell’economia cinese, ancora troppo dipendente dal commercio estero nonostante gli sforzi per rafforzare la domanda interna.

Secondo Oxford Economics, il rimbalzo potrebbe arrivare entro la metà del 2026, sostenuto dal nuovo piano industriale e dalla tregua commerciale di 12 mesi siglata con Washington. Pechino, inoltre, continua a usare con efficacia le terre rare come leva diplomatica, un deterrente che le consente di difendere la propria posizione nelle catene globali del valore. Tuttavia, se la debolezza dell’export dovesse persistere, la Cina rischierebbe un “triplo colpo”: rallentamento del commercio, crisi immobiliare e consumi interni stagnanti.
Investor toolkit
La frenata dell’export cinese mostra quanto i mercati restino sensibili ai segnali di debolezza della seconda economia mondiale. È un promemoria importante: la diversificazione e la pianificazione restano gli strumenti migliori per gestire l’incertezza.
In una fase di transizione come questa, vale la pena confrontarsi con un consulente indipendente per verificare che la propria strategia resti coerente con gli obiettivi di lungo periodo.



